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Editoriale
Dreamtimedancemagazine, redazione nata in una periferia milanese in cui abbiamo la nostra sede operativa. Siamo cresciuti come una redazione giovane, diversa e indipendente, per viaggiare nel mondo della danza e di molto altro, dal balletto al contemporaneo, dal teatrodanza al mixability. Un magazine edito dall'Associazione Culturale Vi.d.A., produttore del Festival Internazionale Dreamtime: danza senza limiti, che della Mixed Abilities Dance ha fatto la sua bandiera. Il magazine si avvale della collaborazione di affermati professionisti, nuove leve, sguardi molteplici sul complesso mondo della danza. Paola Banone, direttrice del festival Dreamtime, coordinatrice del magazine, ricercatrice, da tanti anni compie un lavoro mirato sul mixability e sulla relazione tra danza e sociale.
Direttore del magazine è Claudio Arrigoni, giornalista sportivo e commentatore dello sport paralimpico per Rai e Sky; testimonial dell'intera operazione è Anna Maria Prina, ex direttrice per 32 anni Scuola di ballo del Teatro alla Scala, personalità di spicco della danza italiana, coinvolta dal settembre 2011 nel lavoro con la Cie MixAbility Dreamtime.
25/08/2015
Interviste-Interviste

Gaia Andreanò e Mattia Semperboni.

I giovani ballerini del Teatro alla Scala si raccontano.

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Sono giovanissimi, tra i più giovani nel corpo di ballo del Teatro alla Scala.
Classe ’95, Gaia Andreanò da Palermo e Mattia Semperboni da Milano, entrambi si sono diplomati alla Scuola di Ballo Accademia Teatro alla Scala di Milano nel giugno 2014 sotto la direzione del Mº Frédéric Olivieri e da subito sono stati ammessi tra gli aggiunti del corpo di ballo scaligero. Nella scorsa stagione 2014/15 li abbiamo visti in ruoli da solisti: insieme hanno debuttato nelle recite dell’8 e 12 aprile nel pas de deux dei contadini in Giselle (primo cast, con Maria Eichwald e Claudio Coviello nei ruoli principali. Vedi la recensione per «Dreamtime»: http://www.dreamtimemagazine.com/index.php?id_art=555).

Nell’estate 2015, giovedì 6 agosto, sono stati ospiti e interpreti a Villa Pantelleria di Palermo per la Serata di Gala tra Danza e Arte, organizzata dalla maestra Candida Amato in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione da parte di Ermanno Aurino e Jacques Beltrame (primi ballerini del Teatro Massimo di Palermo) della scuola di danza che oggi a Palermo porta il loro nome. In qualità di ex allieva, Gaia Andreanò è stata invitata a esibirsi e ha scelto come proprio partner Mattia Semperboni.

Quando avete cominciato a danzare insieme? ritenete importante l’affinità caratteriale?
Gaia e Mattia: Ci conosciamo dall'età di undici e dodici anni, perché abbiamo frequentato lo stesso corso in Accademia. Durante gli anni di scuola abbiamo studiato passo a due assieme, ma la nostra prima vera esperienza è stata con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Un'anno dopo che siamo entrati in compagnia ci è stato affidato il ruolo del passo a due dei contadini in Giselle, una vera sfida per il nostro debutto. Non avevamo l'esperienza dei nostri colleghi, eravamo la coppia più giovane: diciannove anni appena compiuti. È importante avere un buon rapporto con il proprio partner di lavoro. Dipende un po’ da che ruolo si interpreta, ma la danza è fatta di emozioni: se già si è in sintonia, è un gran passo avanti.

La vostra partecipazione al Gala Aurino-Beltrame a Palermo. Chi ha scelto i pezzi per il Gala di Palermo? 
Gaia: Quando la direttrice della scuola «Aurino e Beltrame» (nonché mia madre), Candida Amato, mi ha chiesto di ballare al suo gala, ho subito pensato di fare un passo a due con Mattia.
Mattia: Abbiamo scelto insieme il passo a due del Corsaro, cercando qualcosa che potesse farci divertire e allo stesso tempo metterci alla prova!

In che cosa differisce (se differisce, secondo voi) un’esibizione sul palco scaligero durante la stagione ballettistica da un’esibizione in una serata di gala? 
Gaia: Ballare al Teatro alla Scala è come ballare a casa mia: cerco di scoprire nuove sensazioni, nuove emozioni e ogni balletto della stagione mi dà la possibilità di conoscer quel palco sempre di più. Il calore del pubblico mi fa sentire totalmente a mio agio, come se conoscessi ogni singola persona presente in sala. Partecipare a una serata di gala in un'altra città e in un'altro palcoscenico è una sensazione un po’ diversa. La sfida sta nel riuscire a trasmettere le mie emozioni anche a quel pubblico che non può vedere un balletto della Scala tutti i giorni; quando ci spostiamo dal nostro teatro è come ricominciare daccapo: bisogna creare un legame con il nuovo palco e con il suo pubblico.
Mattia: Ballare sul palco di un teatro più o meno grande oppure in altre circostanze e esempio all'aperto, come è capitato con il gala Aurino e Beltrame, non cambia molto: l’emozione, l'ansia e l'adrenalina sono le stesse. Certo, quando si balla nel proprio teatro, ci si sente più ‘a casa’.

Siete ballerini o fate i ballerini? Come si esplicita, cioè, l’arte coreica nella vostra vita? 
Gaia: Quando mi chiedono il mio mestiere, rispondo «Sono una ballerina». La danza non è solo un mestiere che pratico per vivere, ma è la mia passione, a volte una necessità. Ogni mia azione o mio pensiero in qualche modo sono sempre collegati alla danza. Mi sento molto fortunata, perché non tutti hanno il lavoro e la passione che coincidono.
Mattia: Essere ballerino non è un modo di fare. In scena si recita — è vero —, ma è l'unicità di ciascuno che prevale e che si trasmette. Tutti i sacrifici, gli sforzi fisici e psicologici che richiede quest'arte vengono ripagati.

Come e quando avete capito che la danza oltre alla vostra passione sarebbe diventata anche la vostra professione? 
Gaia: Mia madre ha la mia stessa passione, grazie a lei mi sono avvicinata a questo mondo meraviglioso. Lei non mi ha mai spinta a farlo, anzi all'inizio era titubante, perché da insegnante di danza sapeva che, se avessi scelto la danza, sarebbe stata difficile; ma io non ho voluto sentire ragioni, a 7 anni avevo già deciso che quella strada sarebbe stata la mia strada.
Mattia: Non c'è stato un momento preciso in cui ho deciso che questa sarebbe stata la mia vita: è un fatto. La danza è cresciuta dentro di me anno dopo anno e poi arrivato al diploma, mi sono trovato ad affrontare il mondo del lavoro in teatro — come ho sempre sognato —, nel Teatro della mia città, la Scala.

Gli anni della Scuola all’Accademia Teatro alla Scala. Ricordate il giorno della vostra audizione per l’ammissione? come si è svolta? 
Gaia: Il direttore dell'Accademia Frédéric Olivieri mi vide a uno stage a Bagni di Lucca la prima volta che uscii dalla scuola di mia madre e mi propose fare l'audizione. Dopo aver convinto la mia famiglia, mi recai a Milano e sostenni l’esame: di quel giorno ricordo benissimo che misi il mio body preferito bordeaux e che ero davvero emozionata. L'insegnante che ci diede l'audizione fu Amelia Colombini, successivamente diventò la mia prima insegnante: fu la prima maestra a credere in me, poi la maestra Bėlla Račinskaja mi ha insegnato il vero significato di ballare, come lavorare duramente e dare sempre il massimo per diventare una vera ballerina. Ho concluso il mio percorso con la maestra Paola Vismara, grazie a lei e alla sua esperienza da ballerina ho imparato a ragionare come una professionista.
Mattia: La mia prima audizione è stata nel 2007, avevo dodici anni: ricordo una grande emozione e un po’ di inconsapevolezza, ma non ero spaventato. Quando ho visto il mio nome sul foglio degli ammessi, volevo raggiungere l'obbiettivo che mi ero prefissato. Quel giorno è stato per me una grande felicità!

Vi guida e vi ispira un idolo nel vostro percorso artistico e professionale? Se sì, chi e perché? È rimasto un idolo immutato oppure maturando voi stessi e comprendendo meglio voi stessi avete identificato un idolo diverso dal precedente? 
Gaia: Il mio vero idolo è Marianela Núñez [ndr: principal al Royal Opera House di Londra]: ha una capacità di danzare incredibile. A volte mi piacerebbe imitare i suoi movimenti, ma sono talmente unici e sentiti, che è quasi impossibile anche solo provarci. È una delle ballerine migliori al mondo. Poi ho un'altro idolo, maschile, ovvero Leonid Sarafanov [ndr: étoile al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo], poter ballare con lui un giorno è un mio sogno nel cassetto. Non sono stati sempre loro i miei idoli. Quando ero piccola, ero più attratta dalle doti fisiche e dalle ballerine apertissime; però, crescendo, ho perso interesse per questo, perché fin da bambina sono stata abituata a lavorare non solo col mio corpo, ma anche trasmettendo quello che ho dentro con la danza. I miei idoli attuali sono l'esempio di ciò che vorrei diventare.

Mattia, tu sei milanese e scaligero ‘con pedigree’, cioè sei nato e cresciuto a Milano, ammesso alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala al primo corso, diplomato all’ottavo e subito entrato nel Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Senti la mancanza di un confronto ‘con l’esterno’, cioè con metodi didattici e di lavoro di altre scuole e altri teatri? 
Mattia: Tutti questi anni di scuola di ballo li ho trascorsi nella mia città natale, da sempre speravo di rimanere qui nel mio futuro. Quando ho partecipato all'audizione per la Scala e sono stato preso, ho subito accettato! La possibilità di poter crescere nel mio Teatro è la cosa che mi stimola di più.

Gaia, tu hai sperimentato la lontananza dalla famiglia giovanissima e iniziato lo studio della danza in una scuola differente da quella del Teatro alla Scala. Come questo ha arricchito o penalizzato la tua formazione caratteriale e professionale? 
Gaia: Ho iniziato a far danza nella scuola di mia madre, che in sala mi trattava come un'allieva uguale a tutte le altre, anzi a volte mi sgridava tantissimo. Oggi la ringrazio, perché ha formato il mio carattere da ballerina e mi ha dato delle ottime basi da sviluppare e migliorare.

Per formare un danzatore serve la costanza degli esercizi fisici e tanta sensibilità artistica; ma per poter comprendere a pieno un ruolo o un personaggio e fare la differenza sul palco serve anche lo studio ‘letterario’ e ‘storico’ del balletto, come fanno gli attori. Credete sia importante? Se sì, quanto tempo dedicate allo studio individuale? 
Gaia: È importantissimo entrare nella parte, non solo da punto di vista artistico, cioè dalla capacità di comunicare col pubblico, ma anche da quello personale. A me piace entrare nella parte che devo interpretare, posso tirare fuori tutta la mia fantasia e allo stesso tempo emozionarmi e divertirmi. Quando ami quello che interpreti, il pubblico lo capisce e si emoziona a guardare.
Mattia: Noi ballerini recitiamo in scena, per questo è assolutamente importante riuscire a cogliere le sfumature caratteriali del personaggio che si sta interpretando, entrando il più a fondo possibile nella narrazione. Il pubblico deve poter percepire quello che il ballerino con movimento ed espressione vuole raccontare sul palco. Non mi è ancora capitato di dover interpretare un ruolo interpretativamente sofisticato, ma credo che per approfondire meglio oggi abbiamo a disposizione molto materiale, libri, internet, film, etc. Sarebbe ideale farsi aiutare e seguire da un ballerino con più esperienza, che abbia magari già affrontato quel ruolo, per avere un po’ di dritte in più.

Tecnica maschile e tecnica femminile: specificità, divergenze e punti di contatto. Una vostra definizione sulla base del vostro lavoro a scuola e al corpo di ballo del Teatro alla Scala. E un commento sulla situazione generale che vedete in altre realtà teatrali che conoscete o di cui avete sentore. 
Gaia e Mattia: La scuola ha il compito di formarti per il lavoro che verrà e — per nostra fortuna — siamo stati fin da piccoli abituati a lavorare al massimo per ottenere i risultati richiesti ogni anno: questo ci ha avvantaggiato poi nel passaggio in compagnia. Non tutti i ballerini hanno avuto la fortuna di frequentare un'accademia così prestigiosa come quella della Scala e oggi esistono davvero poche scuole che possono essere al pari della nostra. Anche la realtà teatrale, specialmente in Italia, è preoccupante. La Scala è l'unico teatro che può permettersi un repertorio classico così vasto, però siamo fiduciosi che la realtà del nostro paese cambi e favorisca l'arte perché col pensiero giusto si può fare molto, specialmente con tutti i teatri belli che abbiamo: sprecarli sarebbe un vero peccato.

Un sogno, un’aspirazione, un desiderio per la vostra crescita artistica e professionale individuale. Nell’immediato futuro, una breve dichiarazione sul Direttore artistico del Corpo di ballo del Teatro alla Scala, Machar Vaziev, sui vostri insegnanti attuali e sulla vostra partecipazione (ruoli, etc.) alla prossima produzione della Bella addormentata di Aleksej Ratmanskij al Teatro alla Scala. 
Gaia: Io ho due sogni che conservo fin da quando sono bambina. Un giorno, dopo aver fatto tanta esperienza, mi piacerebbe poter avere la possibilità di ballare Don Chisciotte e Giselle: sono cresciuta guardando questi due balletti. Del nostro Direttore alla Scala apprezzo questo suo modo di portare avanti i giovani e il fatto che abbia portato nuove produzioni in cartellone. Mi trovo davvero bene con tutti maîtres, perché ognuno mi sta dando tanto e grazie a loro — posso dire — che già in un anno ho fatto degli ottimi passi avanti. La Bella addormentata di Ratmaskij sarà una vera sfida per me, perché ha uno stile completamente diverso da quello di oggi: dà l'impressione di tornare ai tempi delle prime rappresentazioni di questo balletto, è tutto molto antico, ‘classico’ e ballato. Mi sono già stati affidati dei ruoli, ma non so ancora quali ballerò definitivamente. So che dovrò lavorare parecchio, ma ne sono felice, perché sarà un'occasione per migliorare tanti aspetti che ancora mancano nel mio modo di danzare.

Si ringrazia per la concessione delle foto Brescia - Amisano.


Domenico Giuseppe Muscianisi e Paola Banone