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Direttrice Editoriale: Paola Banone Fotografo: Franco Covi
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Editoriale
Dreamtimedancemagazine, redazione nata in una periferia milanese in cui abbiamo la nostra sede operativa. Siamo cresciuti come una redazione giovane, diversa e indipendente, per viaggiare nel mondo della danza e di molto altro, dal balletto al contemporaneo, dal teatrodanza al mixability. Un magazine edito dall'Associazione Culturale Vi.d.A., produttore del Festival Internazionale Dreamtime: danza senza limiti, che della Mixed Abilities Dance ha fatto la sua bandiera. Il magazine si avvale della collaborazione di affermati professionisti, nuove leve, sguardi molteplici sul complesso mondo della danza. Paola Banone, direttrice del festival Dreamtime, coordinatrice del magazine, ricercatrice, da tanti anni compie un lavoro mirato sul mixability e sulla relazione tra danza e sociale.
Direttore del magazine è Claudio Arrigoni, giornalista sportivo e commentatore dello sport paralimpico per Rai e Sky; testimonial dell'intera operazione è Anna Maria Prina, ex direttrice per 32 anni Scuola di ballo del Teatro alla Scala, personalità di spicco della danza italiana, coinvolta dal settembre 2011 nel lavoro con la Cie MixAbility Dreamtime.
08/07/2014

INTERVISTA A MARTIN SHARPLES



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Riceviamo e pubblichiamo volentieri una bella intervista a Martin Sharples dall'Argentina a cura di Gabriella Moret ultimo articolo prima della pausa estiva.

Martin, puoi parlarci del tuo cammino umano
e sportivo?
Martin Sharples (29-9-1966) 47 anni, da quando ne aveva 12 giocatore di rugby, fino ai 26 anni quando, per un incidente di moto, gli è stata amputata la gamba sinistra sopra il ginocchio. Dopo la prima riabilitazione inizio un difficile inserimento nel mondo dello sport delle persone disabili, perché la mia meta era quella di correre con una protesi e avevo poco appoggio professionale, e dopo molto sforzo sono riuscito a correre e arrivare a coprire la distanza della maratona, 42 km, diventando il primo argentino a realizzare questa attività sportiva, l'aspetto più complicato sono gli alti costi delle protesi per poter correre e nessun organismo di carattere sociale li copre perché sono specifici per fare sport e loro solo finanziano quelle che servono nella vita quotidiana. 

Lo sport, per noi, è un poderoso strumento di integrazione sociale delle persone con disabilità però non è l'unico aspetto. Il diritto di accesso all'educazione e al lavoro sono anch'essi un obbligo. A che punto si trova il tuo paese, secondo te, rispetto all'inclusione delle persone con disabilità?
Rispetto ai diritti delle persone con disabilità, l'Argentina è uno dei paesi con le migliori leggi su diritti e garanzie in questo senso, per cui l'inclusione così come l'integrazione dovrebbe essere coperta in ogni suo aspetto, però bisogna anche dire che molte volte facciamo fatica a far rispettare le nostre leggi da parte dello stato e dei privati, per esempio sia lo stato che i privati devono avere un 4% di persone con disabilità nei posti di lavoro e questo normalmente non succede. 

In Italia le organizzazioni internazionali come il Movimento Paraolimpico e Special Olympics, svolgono un gran lavoro. Nel tuo paese, quali sono le principali agenzie e organizzazioni che promuovono l'attività dei bambini disabili nel mondo dello sport? Che funzione svolge lo stato in tutto ciò?
In Argentina c'è il Comitato Paraolimpico da cui dipende la nostra rappresentativa, adesso è stata creato l'ENARD Ente Nazionale per l'Alto Rendimento Sportivo che, grazie all' 1% della fatturazione dei telefoni cellulari, appoggia gli atleti, anche quelli disabili, secondo me l'unica cosa che bisognerebbe correggere è che quella percentuale non la paghino gli utenti ma le compagnie di telefonia, quello che manca ancora è che si dia maggior appoggio allo sport sociale e in questo modo riuscire a far nascere atleti di alto rendimento. 

L'educazione fisica è fondamentale per tutti i bambini, con e senza disabilità. Nelle scuole argentine esistono dei percorsi che assicurino un effetivo accesso per tutti?
L'educazione fisica nelle scuole per i bambini consiste nel tentativo di integrarli a seconda della loro disabilità e in casi speciali ci si appoggia in una maestra di integrazione. Ci sono anche scuole speciali dove si possono rivolgere, però dato che in generale l'educazione fisica è una delle materie, l'ideale sarebbe che fosse un trampolino che permetta poi ai bambini di ampliare la loro attività sportiva nel futuro. 
Non saprei se è poco o molto, non so se la quantità di spazio dato allo sport è sufficiente, però anche lei non crede che sia un'opportunità di aggregazione?

Ringraziamo l'amico Carlo Gallucci per la traduzione italiana del testo.


Gabriella Moret
27/05/2014

FREE VOLLEY GOLD

PARAVOLLEY. LO SPORT IN CARROZZINA PER TUTTI

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Domenica 18 maggio 2014 Palestra dell’Istituto Don Bosco di Pordenone, l’associazione A.S.D. free TIME di Pordenone, associazione sportiva dilettantistica molto vicina al Comitato Paralimpico di Pordenone, ospita un torneo di Paravolley.
Sembrava una comune domenica di sport, una di quelle domeniche in cui un gruppo di vecchi amici appassionati si ritrova per un torneo quasi informale. E invece abbiamo risposto all’invito per una giornata che potrebbe riscrivere un bel pezzo di storia per la Pallavolo, per Sport per tutti e per il Movimento Paralimpico.
Questa storia è iniziata circa quindici anni fa a Spilimbergo nel Centro di riabilitazione “Progetto Spilimbergo” grazie all’intraprendenza e fantasia di utenti e terapisti, quindi come forma di aggregazione e percorso terapeutico, per persone colpite da tetraplegia o paraplegia in seguito ad un incidente. Ben presto diventò un momento aggregante, non solo per gli utenti ma pure per i terapisti che manifestarono il desiderio di essere inseriti in queste squadre di Volley. Da qui l’idea di stendere un regolamento e far diventare l’integrazione delle persone normodotate, desiderose di praticare questo nuovissimo sport in carrozzina, una regola peculiare per la formazione di queste squadre. Un’idea nata dalla constatazione che il classico Sit Volley non fosse praticabile da persone con questo tipo di problematiche diventato poi un percorso innovativo che ora il CIP Friuli Venezia Giulia sta contribuendo a far conoscere. Una giornata particolarmente significativa perché sono stati prodotti e raccolti materiali video da presentare alla Federazione Nazionale Pallavolo e al Comitato Paralimpico Nazionale e internazionale per chiedere che il Paravolley diventi a tutti gli effetti disciplina paralimpica. Per ora solo due sono le regioni in Italia, Friuli Venezia Giulia e Lombardia (regioni guarda caso collanti di questa rubrica) che organizzano regolarmente tornei di questo nuovissimo Sport ma già in altre regioni numerose sono le squadre che hanno fatto richiesta per poter ospitare nelle proprie palestre i promotori di questa innovazione.
Noi non possiamo che augurarci che il riconoscimento ufficiale arrivi presto perché, assieme al basket in carrozzina, sarebbe il secondo Sport Paralimpico ad aprire le porte anche a persone normodotate. Perché quando si parla di amore per questo tipo di sport, lo sport in carrozzina, nessuno merita di restare seduto, pardon, in piedi, a guardare mentre gli altri giocano.

Gabriella Moret
14/05/2014

La verità più forte? Lo sport!



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Oscar Pistorius. Un nome che il mondo intero, e in particolare il mondo dello sport, ha imparato a conoscere negli anni. Oscar nasce con una grave malformazione ai peroni che a 11 mesi lo costringe all'amputazione di entrambi gli arti. Negli anni del liceo pratica il rugby e la pallanuoto, poi un infortunio lo porta ad avvicinarsi all'atletica leggera inizialmente per riabilitazione, poi per scelta. Il suo primo appuntamento agonistico importante saranno le Paralimpiadi di Atene del 2004 dove a soli 17 anni vince il bronzo sui 100 metri e l'oro sui 200 metri piani. Nel 2005 Oscar esprime il desiderio di poter competere con gli atleti normodotati e inizia la sua battaglia personale che porterà alla svolta per tutti. Un primo successo in questo lungo percorso lo ottiene nel luglio del 2007 in occasione del Golden Gala quando gli viene concesso di gareggiare sui 400 metri dove ottiene la seconda posizione. Il 13 gennaio 2008 la IAAF respinge la richiesta di Pistorius di gareggiare con i normodotati, sostenendo che le protesi che utilizza per correre potrebbero avvantaggiarlo. Il 16 maggio dello stesso anno però viene riabilitato dal tribunale sportivo alla partecipazione delle Olimpiadi 2008, dopo essersi sottoposto a molti test con le protesi, perché, al momento, non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare che ne tragga vantaggio. Ad ogni modo a Pechino Pistorius partecipa solo alla competizione paralimpica, (dove ottiene due medaglie d’oro, nei 200 e nei 400 metri oltre al record paralimpico sui 200 metri con il tempo di 21’’67’), perché non riesce ad ottenere il tempo minimo per i Giochi Olimpici. Da diverso tempo Oscar, che ha origini lontane italiane, si stava allenando a Gemona del Friuli e proprio in Friuli, a Lignano Sabbiadoro ha ottenuto due fondamentali qualificazioni: per i Mondiali di Daegu del 2011 e per le Olimpiadi di Londra 2012 in cui è diventato, e continuerà a rimanere il primo atleta amputato della storia a competere ai Giochi Olimpici nell’Atletica Leggera.

Noi abbiamo voluto ripercorrere le conquiste in ambito sportivo di questo ragazzo, molto criticato, ma soprattutto molto amato da quanti lottano per far valere il “diritto all’eccellenza per tutti” nello sport come in ogni altro ambito, perché sono conquiste universali che continuano a produrre cultura soprattutto in tutte le persone, disabili e non, che dal suo esempio hanno tratto forza e valori da tramandare. Un atleta paralimpico che ha sfidato non solo i propri limiti ma ha saputo mettere in discussione i limiti che ancora oggi dividono abbastanza nettamente atleti normodotati e atleti disabili. Ha chiesto di lasciar parlare i cronometri e di poter gareggiare, non come accade da regolamento, nella categoria che risponde alle caratteristiche della sua disabilità, ma nella categoria che ma nella stessa categoria in cui si trovano a competere tutti coloro che hanno le stesse caratteristiche agonisti, a prescindere dalla menomazione. Una svolta epocale su cui dovremmo continuare a riflettere. La sua carriera sportiva, lo sappiamo, si è bruscamente interrotta nella notte tra il 13 e il 14 febbraio del 2013. Noi non intendiamo in alcun modo entrare nel merito della vicenda giudiziaria che Oscar proprio in questi giorni e in questi mesi sta affrontando. Il processo per la morte della sua fidanzata, la modella Reeva Steenkamp, unica vera vittima di tutta questa storia, è iniziato lo scorso 3 marzo scorso e noi come tutti attendiamo che la giustizia umana si pronunci. Quello che teniamo a non far cadere è il messaggio incredibile che Oscar ha lanciato e portato avanti, fondamentale per lo sport e per la vita di moltissime persone e che mai, niente e nessuno potrà cancellare. ANYTHING IS POSSIBLE!



Gabriella Moret
02/04/2014

Gli inaffondabili

Special Olympics, Aviano

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Domenica 30 marzo 2014 ci troviamo alle Piscine Comunali di Aviano, cittadina in provincia di Pordenone famosa per presenza della nota Base militare americana, per assistere alla finale dei Campionati regionali di nuoto SPECIAL OLYMPICS. L’accoglienza è meravigliosa e il clima si fa solenne all’arrivo degli atleti. Sei le squadre per un totale di oltre una cinquantina di atleti e atlete provenienti da tutta la regione. Prima di scendere in acqua atleti, istruttori, volontari e arbitri a bordo vasca, e tifosi in piedi sugli spalti per cantare assieme L’inno d’Italia.
A seguire un atleta recita il GIURAMENTO DELL’ATLETA SPECIAL OLYMPICS: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze” e infine, la SFILATA degli atleti e delle squadre con i relativi Porta Bandiera: OLTRE LO SPORT ONLUS Udine, NUOVA ATLETICA TEAM IL MELOGRANO, POLIPO SPORTIVO di Corno di Rosazzo (Udine), Carnia Special Team, Acquamarina Team Trieste ONLUS e il folto gruppo di atleti GYMNASIUM che riuniscono in un'unica squadra i diversi gruppi di Motta di Livenza, Aviano e Pordenone. Tre le specialità nei 50 e nei 100 metri: dorso, stile libero e delfino. Grande soddisfazione tra i vittoriosi, qualche lacrima tra gli sconfitti, in ogni caso un gran bel pomeriggio di festa dello sport grazie al grande impegno di tutti. A completare la cornice le magliette SPECIAL OLYMPICS indossate da istruttori e volontari con due slogan significativi: “IMMERSI NELLA PASSIONE” e “io sono inaffondABILE”, e sugli spalti, diversi gruppi di tifoserie più o meno esuberanti ad esibire inni, striscioni e magliette con i nomi degli atleti preferiti come avviene nelle più sentite manifestazioni sportive ad alto livello agonistico.

Prossimo attesissimo appuntamento i XXX Giochi Nazionali Estivi in programma dal 25 al 30 maggio 2014 a Venezia.



Gabriella Moret
18/03/2014

A SOCHI CON IL NOSTRO DIRETTORE



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Chi di voi pensava che DreamtimedanceMagazine e la sua nuova mission di diffusione dello SPORT PER TUTTI potesse perdere di vista un evento di portata mondiale come le Paralimpiadi Invernali di Sochi si sbagliava. Noi c’eravamo. Con il cuore, con l’anima e con la nostra voglia di riflettere e diffondere. Merito della televisione e del nostro direttore Claudio Arrigoni che, a fianco dei colleghi della RAI, ha seguito con la grandissima competenza e partecipazione emotiva che lo contraddistingue le gare. Conosce personalmente moltissimi degli atleti e ne segue il percorso oramai da moltissimi anni. Questa per lui la decima Paralimpiade. Merito anche di uno strumento più potente e più usato, soprattutto tra i giovani. Mi ha molto colpita come venerdì scorso, durante la cerimonia di apertura dei Giochi in pochissimo tempo, questa sia diventata la protagonista indiscussa di uno delle discussioni sui social più diffusi. Di fronte a quella grande festa dello sport, di fronte a quello spettacolo di luci, di coreografie e di fuochi il mondo si è fermato e non ha potuto fare a meno di condividere: immagini, suggestioni, pensieri.

Segno che lo sport paralimpico sta cominciando ad avere la stessa visibilità degli altri sport?
Sicuramente è un altro segno tangibile di come quello che si crede IMPOSSIBLE possa trasformarsi in I’M POSSIBLE, per riprendere uno dei passaggi più significativi della cerimonia di chiusura di ieri.
L’Italia torna a casa con il medagliere vuoto ma il mondo dello sport e della cultura hanno intascato parecchi punti.

Grazie a Claudio per il racconto di questa avventura e grazie a chi, assieme a noi ci crede sempre di più. Si spengono i riflettori su Sochi 2014 ma non la nostra voglia di conoscere e capire l’ “I’m Possible”! Presto in arrivo per voi due interviste che ci aiuteranno a capire meglio il lavoro di preparazione degli atleti protagonisti degli sport paralimpici invernali.



Gabriella Moret
08/03/2014

“TUTTINCORSA" ALLA TREVISO MARATHON

Tra agonismo e solidarietà

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Domenica 2 marzo la città di Treviso è stata letteralmente invasa da un popolo di maratoneti provenienti da tutto il mondo che tra agonismo e solidarietà hanno colorato il bellissimo centro cittadino e animato l’undicesima edizione della Treviso Marathon con partenza da Conegliano. Podio tutto africano per la maratona con l’ugandese Simon Rugut sul gradino più alto con un tempo di 2h 16’ 32’’. A seguire il keniota Geoffrey Kanyanjua Ngugi, della squadra austriaca Run2gether, team di atleti che collabora con la Ong Medici per l'Africa - Cuamm, all'interno del progetto Run for Africa, Run With Africa (in particolare, per l'acquisto di protesi da donare ai ragazzi africani amputati) che chiude la sua gara con un tempo di 2h 20’ 25’’. Terzo gradino del podio per l’eritreo Hamid Mohammendnur che ha fermato il cronometro a 2h 21’ 03’’.
A tenere alta la bandiera dell’atletica femminile il trionfo di Laura Giordano con un tempo di 2h 46’ 36’’.
Accanto ai top runners, anche un popolo di 2.731 podisti che hanno animato la maratona e le gare di handbike (primo il francese Ludovic Narce) e di carrozzina olimpica(vittoria per lo spagnolo Rafael Botello Jimenez).

Particolarmente emozionante l'arrivo degli XI di Marca in sella alle hugbike “biciclette degli abbracci” le vere protagoniste della giornata, delle biciclette molto particolari, ideate e progettate da giovani autistici del villaggio Cohousing 4 Autism di Godega Sant'Urbano,(Treviso) e prodotte dalla Cooperativa sociale Opera Della Marca. Pensate per permettere a chi non può muoversi di andare in bicicletta. Tre le parole d’ordine: pedalare, abbracciare, sostenere.
Oltre a far vivere la gioia di una maratona ai bambini autistici di Fondazione Oltre il Labirinto Onlus, le sei hugbike partecipanti hanno fatto anche alcune brevi soste lungo il percorso intrattenendosi con il pubblico e facendo vedere da vicino questo speciale tandem.
Infine la “Gara nella Gara”, rivolta agli atleti impegnati in iniziative di volontariato. Una trentina i volontari-podisti iscritti al concorso che ad ogni ora di volontariato conteggiata hanno avuto, da regolamento, un bonus di un secondo in meno sul loro tempo di gara. Consegnata anche targa ad Unitalsi che con i suoi trenta partecipanti, tra volontari e disabili, era il gruppo più numeroso.
Una grande occasione di festa per tutti i partecipanti e per tutta Treviso.

Si ringrazia Salima Barzanti e Elena Mattiuzzo dell’Ufficio Stampa di Treviso Marathon per il supporto e la concessione delle fotografie.



Gabriella Moret
23/02/2014

“La bellezza non ha niente a che fare con la normalità”

Un commento a cura di Gabriella Moret

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Nel monologo di Luciana Littizzetto al Festival di Sanremo si è toccato un tema a mio parere molto importante che troppo spesso viene considerato frivolo quando si tratta con la disabilità. Frivolo perché tutta l’attenzione è rivolta al recupero delle funzionalità, o allo sviluppo delle funzionalità residue in un corpo che viene percepito come qualcosa da curare da aggiustare, o ancora peggio da nascondere. La BELLEZZA.
Io parlo da ragazza con disabilità, ma da ragazza prima di tutto (oltre che da educatrice).

Quanto conta la bellezza anche per noi?
Moltissimo. Spesso mi sento chiedere da molti ragazzi come me quand’è che vedremo una modella in sedia a rotelle, o una presentatrice senza un braccio? E tanti altri esempi che ieri sera sono stati citati.
Chiedere visibilità è un modo per chiedere al mondo in modo molto chiaro “non nascondeteci più” è un modo per aiutare le famiglie ad uscire da quel guscio di vergogna nell’avere un figlio o una figlia con un corpo storto. È un modo per far cadere definitivamente tutti i muri che ancora separano il “mondo” dai “luoghi di cura” che sembrano non essere parte del mondo.
Chi si occupa di arte, di bellezza, e di valorizzazione della bellezza dei corpi (e non posso non citare il prezioso lavoro, in cui io personalmente credo molto, del nostro fotografo Franco Covi che sta davvero facendo molto in questa direzione) non può non cogliere e raccontare la bellezza che sta anche in questi corpi.
A mio avviso questo non è solo, come ha detto Luciana, (e condivido) il diritto a vederci rappresentati, ma è davvero un’importantissima operazione di cambiamento culturale perché potrebbe finalmente influenzare in modo significativo il modo di lavorare sui corpi, anche in luoghi lontani dai riflettori.
Nei luoghi di cura e di riabilitazione ci sono persone che non vanno aggiustate, vanno aiutate a comprendere la loro bellezza. La bellezza forse avrà a che fare con la normalità quando vedere queste persone in ogni ambito della cultura e dell’arte sarà una cosa normale.

Si ringrazia l'amico di dreamtimedancemagazine Simone Vella per la ricerca iconografica.



Gabriella Moret
20/02/2014

A SCUOLA D’INCLUSIONE CON IL “WHEELCHAIR RUGBY”

Buone notizie dal Friuli Venezia Giulia

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Continua il nostro approfondimento sul tema fondamentale del ruolo della scuola nell’avvicinare i ragazzi con disabilità allo sport.

Sabato 15 febbraio
si è tenuto un importantissimo appuntamento presso l’Istituto ITCS Marchesini di Sacile nell’ambito della tre giorni di raduno della Nazionale Italiana di Rugby in Carrozzina conclusasi domenica.
Nella mattinata di sabato un folto gruppo di studenti di diverse classi dell’istituto, accompagnati dai professori di Scienze Motorie, alla presenza delle autorità e dei rappresentanti delle associazioni organizzatrici hanno potuto assistere ad una partita dimostrativa.

Cos’è il Wheelchair Rugby?
Nasce in Canada alla fine degli anni ’70 per iniziativa di un gruppo di ragazzi con lesione alta della colonna vertebrale. In Friuli Venezia Giulia viene praticata da un paio d’anni. E uno sport di contatto, come nel Rugby classico, ma a differenza di questo, il contatto può avvenire tra i mezzi, ma è vietato il contatto fisico tra giocatori.
Il rugby in carrozzina viene giocato da atleti con paralisi o paresi ai 4 arti e quindi vi è una parziale o totale mancanza di sensibilità alle braccia e alle mani, pur mantenendosi intatti e attivi, se allenati, i fasci muscolari. Per questo motivo i giocatori sono dotati di guanti spessi e fasciature perché nello spingere le ruote della carrozzina rischiano di ferirsi.
Sentire dalle parole di Giovanni De Piero, responsabile FISPES, il cammino sportivo e il conseguente miglioramento sul piano funzionale fisico, in particolare rispetto alla forza nei movimenti delle braccia, di alcuni di questi atleti dà veramente l’idea di quanto uno sport come il Rugby possa davvero essere determinante nel recupero di persone con lesioni di questo tipo.
E per i ragazzi appuntamenti come questi sono un’occasione per avvicinarsi e confrontarsi con la realtà degli sport paralimpici.

Dalla voce di una studentessa:Maria (18 anni, 4° anno):non avevo mai avuto modo di vedere nessuno sport in carrozzina, sono colpita dalla forza di questi giocatori. Se non lo vedi è davvero difficile da immaginare. Peccato che a questo tipo di sport non venga data tanta attenzione quanta ne viene data al calcio”.

La parola ad un professore che ci fa il punto della situazione sull’integrazione degli alunni con disabilità in particolare sulla partecipazione alle ore di Scienze Motorie:
Professor Bressaglia: “Noi come istituto crediamo che il DIRITTO AL MOVIMENTO sia un diritto di tutti e quindi cerchiamo di non arrivare mai all’esonero, nonostante il lavoro di alleanza con le famiglie incontri ancora qualche resistenza a volte, anche perché noi di fronte al certificato di esonero siamo vincolati e non possiamo proporre nulla. Le strutture della scuola consentono di creare percorsi di educazione motoria adeguati alle possibilità di ciascuno e le attività vengono svolte sempre con il coinvolgimento dei compagni. Inoltre, fare i conti con i limiti del proprio corpo spesso si pensa sia prerogativa di chi ha qualche disabilità, invece siamo convinti che un percorso che aiuti a maturare consapevolezza rispetto a potenzialità ma anche ai limiti del proprio corpo sia fortemente educativo per tutti i ragazzi. Per quanto riguarda la valutazione i parametri sono ovviamente diversi da quelli dei compagni. Si vanno a valutare quelli che sono i miglioramenti rispetto alle prestazioni iniziali.”

Inoltre, l’istituto ha anche altri percorsi d’integrazione degni di nota: il CONCORSO “VEDERE LA DIVERSITÁ”, una proposta di lavori di espressione pittorica e lavori manuali di vario genere rivolta a tutti gli istituti della provincia di Pordenone.
Non è la prima volta che gli allenamenti della Nazionale di Rugby in Carrozzina vengono ospitati nella palestra dell’Istituto Marchesini, perché quando lo Sport Paralimpico incontra pratiche di integrazione scolastica all’avanguardia il connubio non può che essere vincente.



Gabriella Moret